Costruzione 150: Scala in pietra (4) - seconda rampa e pianerottolo

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In alcune delle ultime foto pubblicate è possibile scorgere l'ingresso secondario e la struttura delle scale, che attualmente hanno superato il livello del piano ammezzato e si stanno dirigendo verso il piano nobile.
Finora però non ho dedicato nessun post specifico a questo argomento, nell'attesa di accumulare sufficiente materiale.

La posa dei primi scalini è immediatamente successiva alla pavimentazione dell'ingresso, quando ancora il piano terreno e il ripostiglio della legnaia sono scoperti.
Mano a mano che il muro in mattoni sottostante viene completato, colloco a modo di copertura i blocchi che formano gli scalini, innalzando al tempo stesso le pareti laterali in pietra.


Con l'undicesimo scalino viene raggiunto il livello del magazzino, il cui accesso principale è rappresentato proprio da questa scala.


A questo punto però emerge un problema: raggiungendo il piano del magazzino con un'unica rampa retta, ogni visitaore che si trovasse a salire al piano nobile dovrebbe per forza di cose transitare per il magazzino stesso, che in questo modo resterebbe aperto e facilmente accessibile.

La rampa infatti risulta troppo lunga perché ci sia lo spazio necessario a chiudere la stanza con una parete.
Potrei ridurre in profondità il magazzino costruendo un muro in mattoni, ma questo andrebbe a pesare direttamente sul gattaiolato e sulla volta sottostante.
Secondo la mia analisi le possibili soluzioni sono tre:

1 - Ridurre alla metà la superficie del magazzino (con notevole perdita di spazio) utilizzando il vano soprastante l'ingresso principale come semplice pianerottolo;
2 - Far curvare la scala in modo da non eccedere in lunghezza e permettere la costruzione del muro, nel quale si aprirebbe una porticina di accesso al magazzino;
3 - Ridurre la lunghezza della scala rimuovendo alcuni gradini e creare un corridoio interpiano ad un livello più basso di quello del magazzino, che sarebbe comunque raggiungibile attraverso una scaletta incassata nel muro (e chiusa dalla solita porticina).

La mia scelta ricade su quest'ultima ipotesi, più coerente e di facile realizzazione.
Procedo quindi alla rimozione di due scalini, posizionando già la prima lastra per il pavimento del pianerottolo.


La copertura del primo tramo di scale non è ancora completata, quindi prima di proseguire con il corridoio devo realizzare altri archi in pietra (finora ne ho costruiti circa metà).
Fatto questo, sull'estradosso degli archi costruisco alcuni filari in mattoni per sostenere le lastre del pavimento, in modo analogo a quanto fatto per la pavimentazione del magazzino.


Sia il magazzino che il pianerottolo adesso sono pronti per la posa del pavimento, che inizierà proprio da quest'ultimo per facilitare il posizionamento degli scalini d'accesso.

Al contrario di quanto abbozzato nella piantina di studio, la porta del magazzino sarà collocata al centro della parete e non a un lato. Questo perché l'altezza del vano sarà molto limitata e la porta dovrà sfruttare al meglio lo spazio concesso dalle basse volte di copertura (la cui conformazione si evidenzia già nello stesso disegno).
Il proseguimento della scala invece dovrà attendere che le arcate in pietra mancanti chiudano definitivamente la prima rampa permettendo l'avanzamento in altezza della torre.



MATERIALI:
ardesia, das, colla bianca
STRUMENTI:
tenaglie, pinzette, carta abrasiva, seghetto, lime




Costruzione 149: Finestre del fondaco (2) - archetti di scarico

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Dopo la posa dei davanzali e la costruzione della prima colonnina, la muratura del fondaco ha continuato a crescere in altezza, definendo meglio il profilo delle finestre.
Il muro esterno ha ormai quasi raggiunto il livello d'imposta degli archetti di scarico, quindi è il momento di realizzare la seconda colonna.

Forte dell'esperienza fatta con la prima, lavoro piuttosto spedito, anche se il processo di arrotondamento del fusto è alquanto noioso. Per capirci, prendo in mano un pezzetto di carta vetrata a grana fine e vi rigiro il pezzo come se stessi temperando una matita. Quando sento che il fusto è rotondo e ha raggiunto il diametro desiderato, la colonnina è fatta!

A ben guardare, questa seconda colonna risulta leggermente più grossa della precedente, ma è una differenza appena percettibile...


Sul lato interno, tra le due aperture delle finestre, ho collocato una piccola nicchia. E' molto simile a quella già realizzata nell'ingresso, e anche questa sarà completata da un arco di due soli pezzi.

Il lavoro più complesso di questa seconda sessione dedicata alle finestre del fondaco riguarda però la costruzione delle due coppie di archetti in pietra.
Per poter realizzare forme regolari ricavo tutti i pezzi che compongono gli archetti da listelli di  dimensioni uguali. I vari segmenti ottenuti dal primo taglio grossolano vengono poi lavorati uno ad uno con le lime e la carta vetrata per fargli assumere la curvatura necessaria alla formazione dell'arco.
La composizione avviene su una stampa del progetto di facciata, che essendo in scala 1:1 riporta le dimensioni reali della Domus.


E' tutto molto piccolo e devo ricorrere a una dose extra di pazienza per collocare i pezzi nella giusta posizione senza che gli altri si muovano. Assolutamente proibito l'uso delle dita, decisamente enormi di fornte ai piccoli cunei di ardesia.
Una volta ottenuta la forma desiderata, rinforzo gli archetti con un filo di colla sull'estradosso. Prima della posa finale infatti le superfici andranno limate e se i pezzi non sono più che fissi rischio che gli archetti mi si disfino tra le dita.

Ecco qui una prova di posizionamento delle prime arcate non ancora rifinite:


Uno dei due fornici risulta un po' storto e andrà corretto. Per il resto, direi che ci siamo.
Osservando la finestra dall'interno mi viene in mente una struttura simile e famosa che si trova sulla penisola di Portovenere, in provincia di La Spezia. Manca soltanto il mare... (provate a cercare su Google images "Portovenere bifora" e vedrete a cosa mi riferisco)


La chiusura della seconda finestra avviene diverso tempo dopo la prima, ma con le stesse modalità.
Nel frattempo mi dedico alle murature perimetrali di tutto l'edificio, concentrandomi sulla nuova ala del magazzino.
Siccome però non voglio anticiparvi troppo, posterò soltanto quest'ultima immagine scattata dall'arcata principale del loggiato.


Per chi volesse un assaggio delle ultime novità c'è sempre la pagina dedicata su Facebook, dove ogni tanto colloco anteprime ed immagini "fuori catalogo". La trovate QUI.
Per tutti gli altri, appuntamento al prossimo post!

MATERIALI:
ardesia, pietra artificiale, colla bianca
STRUMENTI:
tenaglie, pinzette, carta abrasiva, seghetto, Dremel
MISURE (in cm):
colonna: altezza (2,1), diametro (0,25)
capitello: altezza (0,4), larghezza (0,35 x 0,35)
altezza archetti (all'intradosso): 0,9
ampiezza archetti: 1,3
profondità archetti: 0,5
ampiezza finestra: 3
lunghezza davanzale: 4
spessore muro: 2,1
spazio tre le finestre: 3,8 



Progetto: Di montagne e torri medievali (una visita inattesa)

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Finora non ho speso molte parole per descrivere la progettazione della torre.
Questo è dovuto in parte al fatto che, al punto in cui mi trovo, la sua struttura risulta ancora inglobata nel resto dell'edificio ed è visibile dall'esterno solo una porzione del perimetro.
C'è però un'altra ragione, che ha a che vedere con la difficoltà di recuperare materiale specifico sulle torri medievali genovesi e sulla loro struttura interna.

Durante le mie ricerche in biblioteca ne ho trovato pochi accenni, con immagini riguardanti quasi esclusivamente torre Embriaci e privi di descrizioni o ricostruzioni strutturali. D'altra parte le poche torri medievali rimaste a Genova risultano inaccessibili, tranne quella di palazzo Ducale, che però presenta caratteristiche molto diverse dal mio progetto.

Oltre alla già citata torre Embriaci, a Genova è presente un'altra torre coeva e dalle caratteristiche molto simili, la cui esistenza è però sconosciuta ai più, sia per l'aspetto più "dimesso" a causa della mancaza di merlature, sia per la sua scarsa visibilità: la torre di palazzo Maruffi in via Canneto.

Si tratta forse dell'unico esempio ancora intatto in ambito genovese di domus magna con torre annessa, anche se lo stato in cui si trova l'edificio non è dei migliori.
Io la scoprii tempo fa durante una delle mie passeggiate per il centro e ne trovai tracce su internet per via di alcuni articoli che ne descrivevano il recente acquisto da parte di un privato. La torre infatti è accessibile solo tramite l'abitazione dell'ultimo piano, di cui è a tutti gli effetti un'estensione.
Nessuna possibilità quindi di visitarne l'interno, se non rivolgendosi direttamente al proprietario.

Spesso mi sono trovato a passarvi sotto alzando lo sguardo in cerca di qualche dettaglio rivelatore, ma a parte qualche foto scattata dal vicolo non ho mai avuto il coraggio di suonare al citofono per farmi aprire il portone.
Eh sì, sono timido, e temevo di risultare pure ridicolo nel tentativo di spiegare perché ero così interessato ad entrare in casa altrui.
"Ma prima o poi lo faccio davvero" pensavo...

In un'occasione mi trovai anche a commentare questo mio desiderio su un blog, la cui autrice è una grande appassionata di Genova e della sua storia, e aveva avuto pensieri molto simili passando sotto la suddetta torre.
Il blog si intitola "Dear Miss Fletcher" e leggendo questo suo post "gemello" potrete avere un altro punto di vista sulla nostra visita alla torre.
Sì, perché se Maometto non va alla montagna, magari è la montagna a raggiungerlo (sempre che lui lo desideri con sufficiente forza).
Il proverbio non recita esattamente così, ma i fatti provano che funziona lo stesso.

In questo caso la montagna ha le fattezze della signora Paola, neo-proprietaria della suddetta torre, che capitando per caso sul blog di Miss Fletcher legge il mio commento e decide di rispondermi, invitando entrambi a casa sua.
Ricordo ancora lo stupore che provai il mattino dopo nel leggere il suo messaggio!
Al mio ritorno dalla Spagna riuscimmo a combinare un incontro e in un pomeriggio di primavera, armato di carta, penna e metro avvolgibile varcai finalmente quel portone in compagnia di Sabina (il vero nome di Miss Fletcher) e della disponibile Paola.



Dai rilievi e dalle numerose foto scattate in quelle due ore (e che pubblicherò in modo più organico e completo in un prossimo post) ricavai una prima bozza della torre, realizzata la sera stessa a memoria ancora fresca. E' tutto buttato giù ad occhio e senza troppi calcoli, dato che le mie misurazioni sono per forza di cose un po' approssimative.
Il risultato è comunque apprezzabile, anche per quanto riguarda il perimetro e lo spessore dei muri, che coincidono con quelli del mio progetto.

In particolare ho potuto verificare che la struttura interna è in legno e non in pietra e mattoni come erroneamente scritto su qualche articolo di giornale. Soltanto le prime rampe d'accesso sono in marmo, ma sono il risultato di modifiche apportate in epoche più recenti, probabilmente in coincidenza della tamponatura del loggiato del palazzo.



L'unico aspetto ancora incerto riguarda la struttura dei vari piani, che non so fino a che punto rispecchino quella originale.
L'attuale travettatura ricalca quella precedente, rimossa durante il recente restauro per via del suo cattivo stato. Per decenni infatti la torre è rimasta disabitata, trasformandosi in un'enorme colombaia, piena di escrementi e umidità.

Alcuni elementi però (ad esempio la posizione delle finestre o la disuguaglianza tra le altezze dei vari piani) farebbero pensare ad una diversa organizzazione interna. Quella attuale potrebbe essere il risultato di ristrutturazioni effettuate in epoche passate per rendere abitabile l'interno della torre, in origine pensata come struttura prettamente militare.

La mia ipotesi è che ai tempi della sua costruzione la torre presentasse una serie di rampe in legno addossate alle pareti, che salivano a spirale verso la sommità, alternate magari a ballatoi in corrispondenza delle finestre. Al centro di questa struttura restava uno spazio vuoto utile al posizionamento di un verricello e di una corda.
Qualcosa di simile quindi all'interno di torre degli Asinelli a Bologna, anche se su scala ridotta.
L'approvvigionamento di eventuali armi o pietre a chi si trovava sulla cima doveva essere rapido ed efficiente, mentre l'attuale disposizione renderebbe assai difficoltoso il trasporto anche solo di un cesto di frutta.
Si tratta ovviamente di semplici speculazioni, che proverò a studiare prima di procedere alla costruzione della mia Domus Tower.

Comunque, quel primo disegno è servito da base per la realizzazione di uno spaccato che riprende in modo abbastanza fedele lo stato attuale della torre, azzardando un'ipotesi restitutiva del suo aspetto primitivo (il discorso delle scale è venuto solo in seguito).


Al momento mi manca ancora uno studio dettagliato della merlatura e degli archetti pensili di cui probabilmente la torre era dotata e per i quali userò come modello torre Embriaci.
Proprio di quest'ultima torre ho potuto scattare una foto che credo mi tornerà molto utile, dato che il punto di vista elevato riduce le deformazioni prospettiche, inevitabili osservandola dal basso.


Ora l'ideale sarebbe organizzare una visitina all'interno di quella torre, che a causa delle sue travagliate vicende giudiziarie resta un gioiello intoccabile (anche se reso un po' opaco dall'incuria del tempo)...
Io getto l'esca. Se la montagna si è mossa una volta, chissà che non lo faccia di nuovo?

Note e ringraziamenti:
Le foto incluse in questo articolo sono state scattate nel mese di maggio 2012 durante la mia visita a torre Maruffi.
Grazie a Sabina per aver condiviso la mia scoperta, alla gentilissima Paola che ha acconsentito a far entrare due estranei un po' originali a casa sua e a Michele per i consigli architettonici e per essersi prestato come corriere (parte della futura torre è in quella scatola).




Costruzione 148: Pavimento del magazzino (1) - il gattaiolato

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Le volte di copertura del loggiato piccolo e dell'ingresso sono ormai fissate definitivamente ed il perimetro murario ha quasi raggiunto il livello di calpestio del piano superiore. Manca soltanto lo spessore delle lastre di ardesia che ho deciso di impiegare per questa pavimentazione.
Per poterle collocare, però, avrò bisogno di creare una superficie d'appoggio che copra l'intera luce del vano.

Per evitare di aggiungere un peso eccessivo che graverebbe sulle volte, decido di mettere in atto una tecnica usata spesso in area genovese per la pavimentazione dei terrazzi: la realizzazione di un vespaio in mattoni.
I mattoni vengono cioè collocati sulle coperture o sull'estradosso delle volte lasciando degli spazi vuoti per limitarne il peso, fino a creare un reticolo murario che servirà da base per il pavimento.

La disposizione dei mattoni varia secondo i casi, ma una delle più caratteristiche è quella detta a "castello di carte", dove mattoni posti in orizzontale si alternano ad altri collocati diagoalmente, formando una struttura in cui vuoti e pieni trovano un giusto equilibrio.

I miei mattoncini si prestano poco a questo tipo di struttura, essendo decisamente più spessi di quelli reali (in proporzione, ovviamente). Il das comunque è facile da lavorare e posso ottenere mattoncini più sottili sfregandoli uno ad uno sulla carta vetrata.
La posa dei mattoni inizia dalla volta dell'ingresso, lungo quattro filari paralleli sui quali dovranno cadere le giunture delle lastre di ardesia sovrastanti.


Altri mattoni vengono collocati perpendicolarmente ai filari al centro della volta per dare maggiore stabilità al reticolo.
Infine la superficie viene levigata con la carta abrasiva a grana fine e verificata con la livella perché risulti orizzontale.


Dopo il riempimento dei muri mi occupo anche della seconda volta. Questa volta dispongo i mattoni solo orizzontalmente accantonando il castello di carte per mancanza di spazio, la volta in pietra infatti risulta leggermente più alta della precedente.
In questa occasione non è neppure necessaria la posa dei mattoni di sostegno in quanto la struttura è decisamente più stabile.


 A questo punto il vespaio (o gattaiolato) è completato. Mancano solo le lastre in ardesia, che collocherò dopo aver definito il perimetro interno del vano, comprese le rientranze delle varie finestre e gli stipiti della porta.


Nel frattempo la scala in pietra ha raggiunto il livello del pavimento e i muri continuano a salire, ma ci sono ancora un paio di cose che non tornano. Dovrò chiarirmi le idee realizzando qualche studio aggiuntivo sull'aspetto finale del magazzino, e visto che in questo post si tratta di pavimento e non d'altro, vi rimando ad un prossimo articolo!

MATERIALI:
das, colla bianca
STRUMENTI:
pinzette, carta abrasiva