Come ho già avuto modo di dire in più occasioni, la caratteristica che distinguerà il piano nobile (e in particolar modo la caminata) dagli ambienti finora realizzati, sarà la presenza di affreschi murari.
In alcuni casi si tratterà di decorazioni geometriche a imitazione di arazzi o tappezzeria (come nel caso della saletta d'angolo), mentre in altri di vere e proprie scene figurative volte a veicolare qualcosa di più del puro effetto estetico.
In questo caso però penso sia necessaria una premessa per spiegare le ragioni della mia scelta, per cui ho deciso di scrivere questo post un po' atipico che spero non annoierà troppo chi è interessato all'aspetto più "pratico" del progetto.
Da subito mi sono chiesto quale avrebbe potuto essere il contenuto degli affreschi, i cui soggetti dovrebbero necessariamente avere attinenza con i proprietari del palazzo e con il contesto sociale e culturale nel quale si muovono. L'unica idea chiara già in partenza era che su una parete del salone (possibilmente la più grande) avrei voluto riprodurre un'imponente scena di battaglia che avesse come sfondo la città di Genova. Un progetto ambizioso quindi, ancora avvolto da una fitta nebbia che avrei dovuto soffiare via poco a poco.
"Intanto" pensavo, "prima di arrivare a decorare le pareti del piano nobile, ce ne passa!...".
Vero.
Infatti sono trascorsi almeno sei anni da quando pensai per la prima volta a come realizzare l'intonaco e gli affreschi. Ma se ciò che è vero un giorno può non esserlo il giorno successivo, figuriamoci dopo qualche mese.
In un paio di occasioni mi sono messo lì con foglio e matita per cercare di abbozzare il soggetto dei dipinti, ma dovendo scegliere come impiegare il mio tempo libero ho sempre dato la priorità alla costruzione, anche per staccare dalla mia attività lavorativa di tutti i giorni: il disegno.
Alla fine l'unica cosa sicura di cui disponevo erano le misure delle aree da affrescare, che avevo pazientemente rilevato con righello e squadra (non senza qualche difficoltà dovuta all'esiguo spazio di lavoro).
La costruzione così proseguiva e in breve i muri raggiungevano l'altezza del solaio, compresa l'arcata di spina che fa da ponte tra le due pareti longitudinali e che adesso era perfettamente integrata col resto della struttura.
A questo punto che mi sono reso conto di essermi lasciato "pillar por el toro" (come dicono qui in Spagna per indicare quando si arriva impreparati a una scadenza).
Tutto era pronto per la realizzazione degli affreschi, anche i frammenti d'intonaco sui quali avrei dovuto disegnarli, ma mancava ancora il soggetto. Ormai non potevo più rimandare, pena l'impossibilità di proseguire i lavori.
Nel frattempo però era successa una cosa che all'inizio non potevo ancora immaginare (o forse sì?): la Domus aveva smesso di essere un 'semplice' modellino in scala con cui passare il tempo per convertirsi nel set di una storia dalla trama complessa, abitata da personaggi con un loro vissuto ed esigenze ben precise. Questo ha fatto sì che al momento di studiare gli affreschi mi tornassero in mente determinate scene chiave. Le decorazioni del nuovo palazzo in costruzione, infatti, oltre ad abbellire le pareti avevano anche un ruolo attivo all'interno della trama.
"La trama di cosa?" vi starete chiedendo.
E io rispondo: "Se nove anni fa, quado ho iniziato a fabbricare i primi mattoncini con il Das, vi avessi raccontato nel dettaglio quello che avevo intenzione di fare, mi avreste dato retta?"
Ecco, se tutto va come deve andare, scopriremo insieme questo nuovo progetto passo dopo passo (e pietra su pietra).
Ma torniamo ai nostri affreschi. Il soggetto principale iniziava a prendere forma, e doveva illustrare uno dei tanti scontri avvenuti tra le fazioni opposte che insanguinarono per secoli i territori della Repubblica di Genova. Sto parlando della lotta tra guelfi e ghibellini, ovviamente, che nella Superba prendevano il nome di rampini e mascherati.
Il nostro committente, che ora ha nome e cognome (ma vi dirò soltanto il nome: Felix), in gioventù prese parte al lungo assedio che le truppe ghibelline (esiliate dalla città) mossero contro gli avversari guelfi. Ora, quasi trent'anni dopo quegli eventi, ne vuole celebrare il ricordo e decide di ricorrere a un'allegoria molto in voga a quell'epoca: la katomyomakia, ovvero la lotta tra gatti e topi.
Ecco qui di seguito alcuni esempi di diversa provenienza che mi aiuteranno a comporre la mia gattomachia.
I ghibellini assedianti diventerebbero così un esercito di felini agguerriti che con scale e macchine belliche cercano in ogni modo di superare le difese dei ratti guelfi. L'assonanza tra il nome del committente e il termine "felis" (gatto in latino) non lascerebbe dubbi circa il suo schieramento.
La battaglia in realtà non occuperà l'intera parete laterale del salone, ma sarà inserita all'interno di una struttura pseudo-architettonica. E' una caratteristica di molte miniature medievali, che però nel caso dell'affresco non si collocherà sullo sfondo ma sarà posta in primo piano per dare l'llusione di una sorta di loggiato attraverso il quale lo spettatore osserva la scena.
Le campate laterali di questo falso loggiato ospiteranno due immagini che idealmente rappresentano un'unica scena e che raffigurano anch'esse un motivo molto comune nell'immaginario medievale: l'incontro fra i tre vivi e i tre morti.
La storia (conosciuta in diverse varianti) racconta di tre principi (o nobili) che di ritorno da una battuta di caccia trovano sul loro cammino tre figure cadaveriche e chiedono loro: "Chi siete?".
La risposta è tanto enigmatica quanto inesorabile: "Ciò che sarete voi, noi siamo adesso. Chi si scorda di noi, scorda se stesso!".
Una sorta di memento mori, quindi, che associato alla scena di battaglia non sembra avvalorare le intenzioni auto-celebrative del committente.
Mi viene il dubbio che non sia tutta farina del suo sacco e che l'artista si sia preso qualche libertà di troppo...
Comunque, con questo dovrei avere materiale a sufficienza per disegnare qualcosa di accettabile.
Il resto della sala, inclusi i vani finestra e l'arcata di spina, lo decorerò ispirandomi agli interni di palazzo San Giorgio, accostando i motivi genovesi a quelli fiorentini già presenti nella saletta d'angolo.
Il reticolo a rombi bicolori proseguirà attraverso il vano porta e lungo la parete opposta alla battaglia, nella quale è collocato il grande camino in pietra.
Ma non è tutto.
Immediatamente sotto il livello del solaio resta una striscia di parete libera che inizialmente pensavo di decorare con falsi archetti tipo quelli di palazzo Davanzati (vedi foto sopra). Poi però mi è passato sotto gli occhi un articolo di Gianni Bozzo incluso nel volume "La cattedrale di Genova nel Medioevo" di Clario Di Fabio (che sto leggendo a proposito della storia cui accennavo prima).
Il testo è dedicato alla decorazione pittorica del chiostro dei canonici di S.Lorenzo e descrive i resti di una decorazione duecentesca che in origine si estendeva alle quattro pareti di una stanza e che rappresenta un altro tema tipicamente medievale: il ciclo dei mesi dell'anno.
Della sequenza originale sopravvive poco meno della metà, mancando all'appello le illustrazioni di diversi mesi.
Forse, basandomi sui numerosi esempi di questo tipo che sono giunti fino a noi potrei azzardare un'ipotetica ricostruzione del ciclo completo?
(silenzio in sala)
Sia chiaro, non avrei nessuna pretesa accademica! In fondo qui si lavora più che altro di fantasia...
Ma dopo aver attinto per la decorazione della Domus da affreschi e miniature presi da ogni dove, non posso certo lasciarmi scappare l'occasione di inserire qualcosa di puramente genovese, anche se leggermente anacronistico. Voi che dite?
(...)
Io intanto, avendo tutte le misure e un'idea abbastanza precisa di ciò che voglio realizzare, comincio a mettere mano all'opera. Ne riparliamo la prssima volta!
FONTI:- ricerche su internet
- Clario Di Fabio - La cattedrale di Genova nel medioevo - secoli VI-XIV (Banca Carige - Fondazione Cassa di Risparmio di Genova e Imperia, 1998)
- Arsenio e Chiara Frugoni - Storia di un giorno in una città medievale (Laterza, 1997)
In alcuni casi si tratterà di decorazioni geometriche a imitazione di arazzi o tappezzeria (come nel caso della saletta d'angolo), mentre in altri di vere e proprie scene figurative volte a veicolare qualcosa di più del puro effetto estetico.
In questo caso però penso sia necessaria una premessa per spiegare le ragioni della mia scelta, per cui ho deciso di scrivere questo post un po' atipico che spero non annoierà troppo chi è interessato all'aspetto più "pratico" del progetto.
Da subito mi sono chiesto quale avrebbe potuto essere il contenuto degli affreschi, i cui soggetti dovrebbero necessariamente avere attinenza con i proprietari del palazzo e con il contesto sociale e culturale nel quale si muovono. L'unica idea chiara già in partenza era che su una parete del salone (possibilmente la più grande) avrei voluto riprodurre un'imponente scena di battaglia che avesse come sfondo la città di Genova. Un progetto ambizioso quindi, ancora avvolto da una fitta nebbia che avrei dovuto soffiare via poco a poco.
"Intanto" pensavo, "prima di arrivare a decorare le pareti del piano nobile, ce ne passa!...".
Vero.
Infatti sono trascorsi almeno sei anni da quando pensai per la prima volta a come realizzare l'intonaco e gli affreschi. Ma se ciò che è vero un giorno può non esserlo il giorno successivo, figuriamoci dopo qualche mese.
In un paio di occasioni mi sono messo lì con foglio e matita per cercare di abbozzare il soggetto dei dipinti, ma dovendo scegliere come impiegare il mio tempo libero ho sempre dato la priorità alla costruzione, anche per staccare dalla mia attività lavorativa di tutti i giorni: il disegno.
Alla fine l'unica cosa sicura di cui disponevo erano le misure delle aree da affrescare, che avevo pazientemente rilevato con righello e squadra (non senza qualche difficoltà dovuta all'esiguo spazio di lavoro).
La costruzione così proseguiva e in breve i muri raggiungevano l'altezza del solaio, compresa l'arcata di spina che fa da ponte tra le due pareti longitudinali e che adesso era perfettamente integrata col resto della struttura.
A questo punto che mi sono reso conto di essermi lasciato "pillar por el toro" (come dicono qui in Spagna per indicare quando si arriva impreparati a una scadenza).
Tutto era pronto per la realizzazione degli affreschi, anche i frammenti d'intonaco sui quali avrei dovuto disegnarli, ma mancava ancora il soggetto. Ormai non potevo più rimandare, pena l'impossibilità di proseguire i lavori.
Nel frattempo però era successa una cosa che all'inizio non potevo ancora immaginare (o forse sì?): la Domus aveva smesso di essere un 'semplice' modellino in scala con cui passare il tempo per convertirsi nel set di una storia dalla trama complessa, abitata da personaggi con un loro vissuto ed esigenze ben precise. Questo ha fatto sì che al momento di studiare gli affreschi mi tornassero in mente determinate scene chiave. Le decorazioni del nuovo palazzo in costruzione, infatti, oltre ad abbellire le pareti avevano anche un ruolo attivo all'interno della trama.
"La trama di cosa?" vi starete chiedendo.
E io rispondo: "Se nove anni fa, quado ho iniziato a fabbricare i primi mattoncini con il Das, vi avessi raccontato nel dettaglio quello che avevo intenzione di fare, mi avreste dato retta?"
Ecco, se tutto va come deve andare, scopriremo insieme questo nuovo progetto passo dopo passo (e pietra su pietra).
Ma torniamo ai nostri affreschi. Il soggetto principale iniziava a prendere forma, e doveva illustrare uno dei tanti scontri avvenuti tra le fazioni opposte che insanguinarono per secoli i territori della Repubblica di Genova. Sto parlando della lotta tra guelfi e ghibellini, ovviamente, che nella Superba prendevano il nome di rampini e mascherati.
Il nostro committente, che ora ha nome e cognome (ma vi dirò soltanto il nome: Felix), in gioventù prese parte al lungo assedio che le truppe ghibelline (esiliate dalla città) mossero contro gli avversari guelfi. Ora, quasi trent'anni dopo quegli eventi, ne vuole celebrare il ricordo e decide di ricorrere a un'allegoria molto in voga a quell'epoca: la katomyomakia, ovvero la lotta tra gatti e topi.
Ecco qui di seguito alcuni esempi di diversa provenienza che mi aiuteranno a comporre la mia gattomachia.
I ghibellini assedianti diventerebbero così un esercito di felini agguerriti che con scale e macchine belliche cercano in ogni modo di superare le difese dei ratti guelfi. L'assonanza tra il nome del committente e il termine "felis" (gatto in latino) non lascerebbe dubbi circa il suo schieramento.
La battaglia in realtà non occuperà l'intera parete laterale del salone, ma sarà inserita all'interno di una struttura pseudo-architettonica. E' una caratteristica di molte miniature medievali, che però nel caso dell'affresco non si collocherà sullo sfondo ma sarà posta in primo piano per dare l'llusione di una sorta di loggiato attraverso il quale lo spettatore osserva la scena.
Le campate laterali di questo falso loggiato ospiteranno due immagini che idealmente rappresentano un'unica scena e che raffigurano anch'esse un motivo molto comune nell'immaginario medievale: l'incontro fra i tre vivi e i tre morti.
La storia (conosciuta in diverse varianti) racconta di tre principi (o nobili) che di ritorno da una battuta di caccia trovano sul loro cammino tre figure cadaveriche e chiedono loro: "Chi siete?".
La risposta è tanto enigmatica quanto inesorabile: "Ciò che sarete voi, noi siamo adesso. Chi si scorda di noi, scorda se stesso!".
Una sorta di memento mori, quindi, che associato alla scena di battaglia non sembra avvalorare le intenzioni auto-celebrative del committente.
Mi viene il dubbio che non sia tutta farina del suo sacco e che l'artista si sia preso qualche libertà di troppo...
Comunque, con questo dovrei avere materiale a sufficienza per disegnare qualcosa di accettabile.
Il resto della sala, inclusi i vani finestra e l'arcata di spina, lo decorerò ispirandomi agli interni di palazzo San Giorgio, accostando i motivi genovesi a quelli fiorentini già presenti nella saletta d'angolo.
Il reticolo a rombi bicolori proseguirà attraverso il vano porta e lungo la parete opposta alla battaglia, nella quale è collocato il grande camino in pietra.
Ma non è tutto.
Immediatamente sotto il livello del solaio resta una striscia di parete libera che inizialmente pensavo di decorare con falsi archetti tipo quelli di palazzo Davanzati (vedi foto sopra). Poi però mi è passato sotto gli occhi un articolo di Gianni Bozzo incluso nel volume "La cattedrale di Genova nel Medioevo" di Clario Di Fabio (che sto leggendo a proposito della storia cui accennavo prima).
Il testo è dedicato alla decorazione pittorica del chiostro dei canonici di S.Lorenzo e descrive i resti di una decorazione duecentesca che in origine si estendeva alle quattro pareti di una stanza e che rappresenta un altro tema tipicamente medievale: il ciclo dei mesi dell'anno.
Della sequenza originale sopravvive poco meno della metà, mancando all'appello le illustrazioni di diversi mesi.
Forse, basandomi sui numerosi esempi di questo tipo che sono giunti fino a noi potrei azzardare un'ipotetica ricostruzione del ciclo completo?
(silenzio in sala)
Sia chiaro, non avrei nessuna pretesa accademica! In fondo qui si lavora più che altro di fantasia...
Ma dopo aver attinto per la decorazione della Domus da affreschi e miniature presi da ogni dove, non posso certo lasciarmi scappare l'occasione di inserire qualcosa di puramente genovese, anche se leggermente anacronistico. Voi che dite?
(...)
Io intanto, avendo tutte le misure e un'idea abbastanza precisa di ciò che voglio realizzare, comincio a mettere mano all'opera. Ne riparliamo la prssima volta!
CONTINUA...
FONTI:- ricerche su internet
- Clario Di Fabio - La cattedrale di Genova nel medioevo - secoli VI-XIV (Banca Carige - Fondazione Cassa di Risparmio di Genova e Imperia, 1998)
- Arsenio e Chiara Frugoni - Storia di un giorno in una città medievale (Laterza, 1997)
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